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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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L' orsa KJ2? Basta, non parliamone più!

La scorsa settimana l’Italia s’è indignata per l’uccisione di KJ2, l’orsa accusata d’aver aggredito un uomo nel Trentino; in molti hanno scritto o parlato addirittura di…assassinio!
Più o meno nelle stesse ore un ragazzo toscano veniva selvaggiamente pestato ed ucciso in una discoteca spagnola, ma in quel caso ad indignarsi erano stati in pochi, e non fosse stato per il video pubblicato nei giorni successivi su web e tv probabilmente la stessa notizia sarebbe stata archiviata molto velocemente.
Il povero ragazzo era stato massacrato a calci e pugni da un ceceno di fronte ad un sacco di gente, molti dei quali nostri connazionali, e senza che nessuno di questi si dovesse sentire in dovere d’intervenire. Perché?
Paura? Sì, forse anche paura, ma nella discoteca v’erano centinaia di persone, e due o tre ragazzoni robusti, e coraggiosi al punto giusto, sarebbero bastati per placare la furia omicida.
Indifferenza? Beh, forse anche quella, perché è chiaro come il motto…vivi e lascia vivere…sia sempre più di moda, anche se lì c’era un ventiquattrenne che la sua vita l‘ha lasciata per davvero sulla pista d’una discoteca.
Com’è possibile allora che mentre una parte dell’Italia s’è indignata così tanto per la morte di un plantigrado decisamente troppo aggressivo, un’altra abbia sopportato e tollerato una barbaria simile nei confronti d’un essere umano?
Davvero possiamo mettere a confronto le vite di uomini e animali?
Episodi come quello tragico di Lloret de Mar avvengono quasi ogni giorno, e ci passano sotto il naso senza che ci siano sollevazioni popolari od interrogazioni parlamentari, sit in o cortei di protesta, come invece accade da noi per difendere orsi, lupi, e chissà in un prossimo futuro quale altro animale.
Sia ben inteso, queste specie selvatiche vanno tutelate e protette, e onestamente da noi lo sono già molto più di tanti…cristiani, ma tutto ciò si faccia mantenendo sempre i piedi ben saldi a terra, e non agendo sull’onda dell’emotività o di una sensibilità ormai sfociata direttamente nell’animalismo più becero e fanatico.
L’orsa KJ2, figlia di due animali “importati” una ventina d’anni fa dalla Slovenia, nel recente passato aveva già aggredito altre persone, ed era stata catturata e radiocollarata, ma durante l’inverno successivo s’era poi liberata del dispositivo gps. Di lei s’erano perse le tracce sino al 22 luglio, quando ha trovato sulla sua strada uno sventurato pensionato, che qualche giornale ha già provveduto a battezzare “rompicoglioni” sostenendo come sia stato lui a disturbare l’animale.
Fateci capire: un uomo di quasi settant’anni, con un cagnolino al seguito, che attacca con il bastone un…orso di ben 133 chilogrammi giunto ad un metro da lui? 
Per favore, non prendiamo per i fondelli nessuno, la verità è che qui ormai siamo arrivati alla follia pura, a cervelli inutili consegnati all’ammasso volontario. 
In tutto ciò una nota positiva c'è, perché fortuna vuole che Trento sia Provincia Autonoma, e goda dello Statuto Speciale, e così il suo presidente, Ugo Rossi, senza prendere ordini da Roma ha potuto emettere l’ordinanza d’abbattimento dell’orsa.
Detto, fatto, con i forestali che l’hanno uccisa in poche ore e adesso, forse, KJ2 verrà imbalsamata, ma certo non attaccherà più nessun…bipede parlante!
Su Rossi, apriti cielo, s’è subito scatenato l’inferno politico e mediatico, con l’augurio di morte sui social ed epiteti, come per l'appunto quello di assassino solo per citare il più gentile, dispensati a pioggia anche su quotidiani a tiratura nazionale; ma persino assurde azioni di boicottaggio contro il turismo trentino, con disdette di prenotazioni per le vacanze.
A sua difesa è sceso in campo Reinhold Messner, il grande alpinista altoatesino, che ha plaudito alla sua iniziativa dichiarando all’AGI:
L'orso non è un giocattolo per bambini ma una cosa molto grande e molto pericolosa e se si avvicina e bisogna avere esperienza per restare tranquilli. La politica è costretta a fare compromessi e quest'orsa so che ha dato problemi. Nella mia vita ho visto parecchi orsi e avevo sempre il cuore in gola.”
Questa storia degli orsi inizia ad essere noiosa”, ha continuato. “Finalmente hanno preso una decisione chiara e mi congratulo con il presidente. Quello che mi fa pena è il fatto che i fondamentalisti non siano disposti ad accettare che bisogna trovare una soluzione. Un orso pericoloso è un orso pericoloso e siccome l'habitat è piccolo, non c'è posto per tutti questi orsi, quelli pericolosi bisogna abbatterli.”
Lo scalatore fu anche eurodeputato per i Verdi, ma venne espulso dal partito nel 2004 a causa di una sua pubblicità per i fucili Beretta e non si ricandidò più; ciò nonostante mantenne sempre una posizione d’equilibrio nei confronti della caccia, mai demonizzata e vista piuttosto come metodo di gestione faunistica.
Noi la pensiamo proprio come lui, ed ora dell’orsa sarebbe meglio non parlarne più, e finalmente concentrarsi su cose più serie.  
In Italia, per quelle, c’è solo l’imbarazzo della scelta!
 
 
 

5 Stelle e la legge sulla caccia

Grande scalpore ha destato in questi giorni la notizia che in Piemonte vi sarebbe una proposta di legge regionale sulla caccia depositata dal Movimento 5 Stelle, e che definir restrittiva sarebbe puro eufemismo perché questa di fatto decreterebbe la fine della caccia nella regione subalpina.
La notizia non è nuova, ma qui è opportuno fare chiarezza, facendo il punto sulla situazione della legge piemontese sull’attività venatoria.
È noto a tutti come il Piemonte sia privo di legge regionale sulla caccia, e questo dal 2012 quando la giunta di centrodestra, guidata dal leghista Cota, abrogò la l.r. 70/96 che sino a quel momento aveva regolato la materia.
La ragione che aveva spinto a quella soluzione estrema era quella di scongiurare un referendum sulla caccia accolto dalla Cassazione a ben 25 anni dalla raccolta delle firme. 
Il quesito referendario non era volto all’abrogazione totale della caccia in Piemonte, e nemmeno avrebbe potuto esserlo essendo l’attività venatoria consentita da leggi dello Stato Italiano, ma l’avrebbe limitata fortemente, riducendola nei tempi e nei modi, escludendo la domenica e consentendo il prelievo di sole quattro specie: lepre, fagiano, cinghiale e colino della Virginia
Venne fissata anche la data, tanto che il referendum avrebbe dovuto svolgersi il 3 giugno 2012.
 
In verità molto difficilmente si sarebbe potuto raggiungere il quorum necessario a rendere valido il risultato, e cioè metà degli aventi diritto al voto più uno, ma ci si appellò al risparmio di una ventina di milioni d’euro e così s’abrogò la legge, togliendo con un colpo di spugna dal campo l’oggetto del contendere.
Nella peggior tradizione della politica italiana la pezza fu peggiore del buco che doveva coprire, perché il Piemonte rimase senza legge e la maggioranza non seppe farne una nuova in tempo utile, mandata a casa anzitempo da TAR Piemonte e Consiglio di Stato per una questione di firme false.
A raccontarla tutta anche l’amministrazione attuale, quella di Sergio Chiamparino, è stata travolta da analogo scandalo di firme false, ma questa volta il Tribunale Amministrativo ha deciso diversamente, e così per ora continua a governare tra le polemiche dell’opposizione.
Com’è come non è, sta di fatto che i cacciatori piemontesi privi di legge regionale furono costretti a cacciare con la legge nazionale, la 157/92
Per un paio d’anni ai nembrottini piemontesi tutto sembrò funzionare alla perfezione, perché la legge nazionale 157/92 era decisamente più vantaggiosa rispetto all’abrogata 70/96, ma la 157/92 è una “legge quadro”, ed esiste l’obbligo per le Regioni di legiferare in materia. 
E così la palla è finita nel campo della nuova maggioranza di centrosinistra, che nel 2014 vinse le elezioni, e tocca ora all’assessore Giorgio Ferrero giocarla, portando al voto del Consiglio Regionale la nuova legge sulla caccia. 
 
I disegni di legge su cui sta lavorando la Commissione sono tre: uno presentato dalla maggioranza di centrosinistra, l’altro del centrodestra all’opposizione, e il terzo, per l’appunto, dei 5 Stelle.
In realtà loro null’altro hanno fatto che recepire il famoso quesito referendario, togliendo in più dalle specie cacciabili il colino della Virginia perché nel frattempo, e cioè  da quando nel 1987 furono raccolte le firme, è stato vietato dalla legge nazionale.
Si tratta dunque di una proposta “provocatoria”, e non certo frutto dell’accurato lavoro di eccelse menti presenti tra i novelli legislatori, selezionati e votati sul web da qualche manciata naviganti; un ddl definito “irricevibile” da quelle Associazioni Venatorie riconosciute (FIDC, Enalcaccia, ANLC, EPS, ANUU) che subito si sono schierate contro la folle proposta grillina.
Chi scrive era presente all’audizione in Regione con le parti coinvolte (mondo venatorio, agricolo, ambientalisti), e fu delegato a parlare proprio a nome delle cinque associazioni.
 
Come andrà a finire non è certo dato saperlo, anche perché l’assessore Ferrero reduce da brucianti sconfitte contro il mondo venatorio sembrerebbe pronto a farla pagar cara ai cacciatori e da tempo minaccia accordi con i grillini sulla caccia, o l’inserimento in legge di divieti o norme sulle quali ancora si debbono esprimere ancora il TAR e addirittura la Corte Costituzionale
In Piemonte siamo ormai abituati alle prepotenze e persecuzioni della politica, ma la sensazione di chi frequenta il “Palazzo” è che su quella materia in passato più d’uno si sia fatto molto male, e che dunque difficilmente si riuscirà a votarla prima di fine legislatura prevista nella primavera del 2019, anche perché la maggioranza sembra molto spaccata al suo interno. 
Se poi guardiamo con obiettività a tutto il nostro panorama politico per la caccia in generale non c’è molto di cui gioire: forse con l’eccezione di Lega e Fratelli d’Italia, che non sembrano ostili al nostro mondo, da una parte abbiamo i pentastellati di cui v’abbiamo appena raccontato, ma dall’altra, all’opposto il…rinascente uomo di Arcore, ormai avvinghiato alla “rossa pasionaria” nella sua pazzesca battaglia animalista. 
In mezzo c’è il PD, che su quegli argomenti non dimostra d’essere né carne e nemmeno pesce, ma specialmente in forte difficoltà e con un netto calo dei consensi un po’ ovunque.
Un’ancora di salvezza può giungerci dall’Europa, dove la caccia è ancora vista come attività lecita, e chi la pratica non viene giudicato un pericoloso criminale. 
Per la caccia…mala tempora currunt e non solo in Piemonte, ma, per favore, non fasciamoci la testa troppo presto!
 

BENELLI: nozze d'oro con la storia!

  • Pubblicato in Le Armi
 
Avere cinquant’anni e non dimostrarli affatto!
Beh, direte voi, nulla di strano od inconsueto, perché tutti noi conosciamo uomini che a quell’età sono ancora in forma come trentenni, o donne che mostrano la stessa avvenenza di colleghe ben più giovani.
Ma oggi parliamo di aziende, non di persone, e allora non si può che dire bravi, perché avere mezzo di vita significa avere superato indenni le tanti crisi che si sono succedute negli ultimi anni, spazzandone via dal mercato moltissime che lo erano da tempi ancor più lunghi di quello.
L’azienda in questione produce fucili, quasi esclusivamente da caccia, e si chiama Benelli.
È nata mezzo secolo fa ad Urbino, nelle Marche, ed oggi si pone sul mercato come una delle più innovative e dinamiche al mondo, apprezzata all’estero come in patria, tanto da esportare sui mercati di tutto il mondo, USA in testa, quasi il 95% del totale, per una produzione che nel 2016 è stata di 168.489 armi, per un cumulato da quando è nata ormai prossimo ai 4 milioni (3.921.696) e un fatturato arrivato alla ragguardevole cifra di 106.590.000 euro.
E Benelli ha voluto festeggiare questo anniversario nel migliore dei modi, a casa sua, invitando autorità, operatori commerciali, giornalisti, e circondata, come sempre, dai suoi dipendenti, quella straordinaria famiglia che sono gli…uomini e donne Benelli.
Per farlo ha organizzato un grande evento ad Urbino, il giorno 8 luglio.
A precedere una grande festa un dibattito per parlare di bellezza, e dello “stile distintivo Benelli”, una caratteristica per la grande casa armiera urbinate, che ha sempre seguito la strada di accoppiare all’efficienza meccanica e balistica, e alla superiore tecnologia dei suoi fucili, delle linee uniche e la ricerca della bellezza come un concetto ideale.
A discuterne Lucia Serlenga, esperta di moda, il semiologo Paolo Fabbri, Gastone Bertozzini, Cavaliere del Lavoro ed industriale, Marco Gaudenzi, architetto di casa Benelli e designer di molti fucili di successo, e Philippe Daverio, l’eclettico e colto critico d’arte milanese, capace di coinvolgere il numeroso pubblico che le sue gradevoli esposizioni. A fare gli onori di casa l’Ing. Luigi Moretti, pure lui Cavaliere del Lavoro e Presidente di Benelli Armi.
A seguire è stata offerta la possibilità di visitare il modernissimo stabilimento, ove ogni giorno escono centinaia di armi, tra semiautomatici, carabine, oltre allo splendido sovrapposto 828 U.
Alle 19 l’aperitivo all’esterno dello stabilimento, ove un esercito di camerieri, hostess, vigilanti erano stati messi a disposizione delle centinaia di persone invitate alla grande festa che ogni anno coincide con la premiazione del “Gran Premio Paolo Benelli”, gara di tiro riservata ai dipendenti dell’azienda e dedicata a Paolo, che fu il primo Direttore Generale della Benelli, e poi anche suo Presidente, e morì nel 1994, all’età di 59 dopo aver di fatto salvato l’azienda, portandovi all’interno i nuovi soci.
La festa è continuata con la cena e decine di tavoli approntati sotto grandi strutture coperte con l’annunciatrice televisiva Emanuela Folliero a presentare il resto del programma; quello è anche stato il momento dei ringraziamenti, del ricordo e di un’emozione che ha colto tutti i presenti, oltre alle attese premiazioni.
Molte le autorità presenti, tra cui il sindaco di Urbino che ha conferito al bresciano Ing. Moretti la cittadinanza onoraria per contributo offerto da Benelli allo sviluppo della città; queste le sue emozionate parole: " Ho iniziato a voler bene a questa città fin da subito. Dopo solo pochi mesi che la frequentavo. Ho amato i suoi luoghi e le sue persone, la loro attenzione per il lavoro e per le cose ben fatte.La molta intelligenza meccanica, che ho incontrato via, via. E’ questa simpatia diffusa che mi ha attirato e mi ha spinto a superare le molte difficoltà, che le condizioni precarie dell’Azienda proponevano di continuo. Tempi dove il lavoro rischiava di non bastare mai. A farlo bastare fino a diventare un successo a livello mondiale sono stati il cuore, il cervello e il carattere delle persone di Urbino. Il motto di Benjamin Franklin “Ben fatto è meglio che ben detto” ci ha accompagnato sempre in questi anni ed è stato il carburante che ci ha spinto, prima ad inseguire, poi a superare i nostri concorrenti, portando sempre più lavoro a Urbino. Oggi sono quelle persone che, per iniziativa del Sindaco e del Consiglio Comunale, mi accolgono come concittadino. Sono orgoglioso e molto grato a Tutti."
 
Grande spazio anche allo spettacolo con cantanti lirici ed un apprezzato intervento di Maurizio Lastrico, comico e attore teatrale genovese, divenuto famoso con le sue apparizioni a Zelig.
Premiati i dipendenti con elevata anzianità aziendale, e spazio infine per i bambini, saliti sul palco con i loro genitori; il tutto ha dato conferma ulteriore di quale spirito alberghi in quell’ambiente, e come quella oltre ad essere una poderosa azienda in grado di sfornare armi tra le migliori al mondo, sia anche una grande ed unita famiglia.
Il taglio di un’immensa torta ha chiuso la cena, cui sono seguiti straordinari giochi d’acqua e luci, ultimo regalo che Benelli ha voluto fare a tutti i presenti.
Auguri Benelli, e cento ancora di questi giorni felici!
 
Allegato comunicato ufficiale dell'evento...
 
 

Lupi alpini: quando la montagna partorisce il topolino

L’appuntamento era fissato per il 19 maggio, un venerdì, a Torino negli uffici di Regione Piemonte, presente Alberto Valmaggia, assessore all’Ambiente, sviluppo Montagna, Foreste e Parchi.  
Quel giorno Life WolfAlps, il famoso progetto di studio e protezione del lupo, nato per favorire la convivenza stabile tra il grande carnivoro e le attività economiche sulle Alpi, generosamente co-finanziato dall’Unione Europea, ma nel quale vi sono anche molti quattrini dei contribuenti piemontesi, avrebbe messo le sue carte sul tavolo, svelando quanti lupi ci fossero in Piemonte, e più generalmente su tutto l’arco alpino italiano!
Per carità, noi qualcosa sapevamo già, o perlomeno avevamo intuito, perché quei signori li avevamo affrontati a muso duro diverse volte negli ultimi due anni, portando alla luce notizie di continui avvistamenti e predazioni, rendendo pubbliche foto o video dell’atavico predatore, e raccogliendo anche numerose testimonianze sul posto; arrivando infine a…tener conto di tutti i lupi ufficialmente recuperati morti in Piemonte, o per i quali vi era la certezza che davvero lo fossero stati. 
In due casi, ad esempio, dopo esser stato visto e fotografato da diverse persone, il corpo del lupo venne fatto sparire nel nulla da chi, almeno così possiamo immaginare noi, forse temeva venisse trovato e sottoposto ad analisi necroscopica.
Anche l’anno prima però, il 22 gennaio 2016, sempre di venerdì ma questa volta a Cuneo, dove esiste il Parco Naturale delle Alpi Marittime, principale ente beneficiario e coordinatore del progetto, Life WolfAlps, quella volta con grande spolvero di mezzi e di fronte ad un numeroso pubblico, aveva comunicato alla comunità scientifica ed al mondo dell’informazione lo status e  le stime numeriche delle popolazioni piemontesi di lupi a quella data. 
 
Noi però di una cosa c’eravamo subito accorti: i loro conti non tornavano. Non tornavano affatto, in maniera eclatante!
Sembrava infatti che i lupi, giunti in Piemonte alla fine anni ottanta/inizio novanta del secolo passato, avessero cessato d’aumentare di numero con quella formidabile progressione che ne aveva inizialmente accompagnata l’espansione alpina.
Sono 80/90 al massimo”, ci dissero in occasione di numerosi dibattiti pubblici i loro referenti, snocciolando dati precisi che riproducevano una fotografia, secondo noi alquanto inesatta ed incompleta, del territorio piemontese occupato stabilmente da…soli 21 branchi su un totale di 23 in tutte le Alpi italiane, di cui 14 in provincia di Cuneo e 7 in quella di Torino, più alcuni soggetti isolati. 
Andarono ben oltre, segnalando come i branchi riproduttivi fossero solamente 4, come a dire che quell’anno il loro numero sarebbe cresciuto in maniera contenuta, poiché è sempre la sola “coppia alfa” a prolificare, e lo fa mettendo al mondo un numero di cuccioli che può variare da 2/3 sino a 7/8 soggetti; tutto questo anche se poi i famosi esperti ci spiegano come i nostri branchi siano composti in media da 5 animali.
E dunque quest’anno noi ci saremmo aspettati una stima non lontana dai numeri comunicati a Cuneo, o addirittura più bassa, anche perché nel frattempo erano stati ufficialmente rinvenuti morti oltre 30 lupi, molti dei quali investiti dai…pericolosissimi automobilisti piemontesi!
Insomma era avvenuta una vera e propria strage, e noi temevamo per la sopravvivenza di Ezechiele, con un saldo negativo tra nascite e morti in Piemonte per tutto il 2016/2017.
 
Ma la natura, si sa, riserva continue sorprese, capace sempre com’è di rinnovarsi quando meno te l’aspetti, e così è stato anche questa volta: i lupi, invece di diminuire in numero in questo anno e mezzo, sono…incredibilmente cresciuti, e con una progressione tali da farli apparire… prolifici come conigli!
Infatti essi sono aumentati proprio come i simpatici roditori, quasi raddoppiando in sedici mesi, se pensate che, così come dichiarato dalla loro coordinatrice scientifica, il totale dei branchi alpini è salito ora a 31, più 8 coppie ed alcuni soggetti isolati che scorrazzano qua e là spingendosi sino in pianura, ma tra questi quelli piemontesi sono addirittura “esplosi”, avendo loro la certezza della presenza di ben 27 branchi, 6 coppie ed 1 individuo stabile, per un totale minimo di 151 lupi
Nel cuneese poi ora ci sarebbero  17 branchi e 3 coppie per un totale di minimo 101 lupi, mentre nella provincia di Torino sarebbero 10 branchi e 3 le coppie per un totale di minimo 46 lupi
E quindi, se la matematica non è un’opinione, 151 di minimo contro stime precedenti di 80/90 lupi al massimo, danno un incremento di circa il 75% su base annua, che scende di poco se prendiamo come riferimento il più alto tra i numeri di quella sommaria valutazione; ma non basta, perché anche il numero dei branchi avrebbe subito un’accelerazione poderosa, cresciuto come parrebbe essere del 30% in 12 mesi, e tutto questo senza considerare i tanti (e con l’ultimo, di questi giorni, noi ne possiamo documentare addirittura 35!) lutti accertati nella popolazione lupina piemontese.
Qualcosa evidentemente in quei conti non torna, anche perché stiamo parlando di una popolazione ormai stabilmente insediata sul territorio della nostra regione da oltre vent’anni, e non certo di quei primi nuclei che quindi hanno il beneficio di una maggiore progressione numerica iniziale su un territorio…ancor vergine.
 
Quei conteggi poi non sono affatto coerenti con quelli dello scorso anno, così come non lo erano già quegli stessi con altri precedenti al “Progetto Life WolfAlps”.
Nel 2005, ad esempio, e quando non c’erano ancora sul piatto i quattrini dell’Europa (vedremo dopo quanti sono), ed era operativo il “Progetto Lupo” di Regione Piemonte, i branchi stabili erano appena 7, di cui 4 in provincia di Cuneo, 3 nel torinese.
Cinque anni dopo, con i conteggi effettuati durante il terribile inverno 2008/09,  il loro numero era raddoppiato, ed i branchi saliti a 14, di cui  9 nella “Provincia Granda” e gli altri 5 in quella di Torino.
Questa fantastica progressione, era però inceppata in qualche problema inatteso, perché tra 2010 e 2015 la crescita dei lupi s’era dimezzata, tanto che i 14 branchi erano divenuti 21, e tutto questo oltretutto ce lo avevano raccontato a Cuneo proprio loro! 
Ora, in un solo anno, evidentememte s’è recuperato tutto il terreno perduto, ed i branchi sono magicamente cresciuti, come nei 5 anni precedenti. Strano…no?
Ma se quei conti non tornano, almeno a coloro che come noi vogliono usar testa loro e non quella altrui, quelli economici…fanno invece versare lacrime amare a tutti, o quanto meno a disperarsi dovrebbero essere i contribuenti europei ed italiani, perché qui si tratta di…soldini pubblici. Di tutti!
Il progetto Life, euro più euro meno, alla fine è costato  6.100.454 €, con un contributo finanziario europeo di ben 4.174.309 €.
Troppi, davvero troppi specialmente se si considera lo scarso risultato finale ottenuto sinora.
Vero è che si tratta di animali e di Alpi, ma qui si può davvero sostenere come avessero ragione i latini quando scrivevano: “parturient montes, nascetur ridiculus mus“, e cioè…la montagna ha partorito un ridicolo topolino.
E purtroppo il "topolino" non è quello disegnato da Walt Disney; ma d’altro canto nemmeno il lupo piemontese è pasticcione ed inconcludente come l’Ezechiele disneyano, perché il nostro, a differenza di quello, i tre porcellini se li mangia davvero
 
 

Accade in Francia: lo chiamano "Loup", e lo cacciano!

Succede poco oltre il confine italiano, oltre quel tunnel del Frejus che ci divide dalla Francia.
L'ennesimo incidente è avvenuto questa settimana a La Buffaz, sopra Saint-Michel-de-Mauriennenel dipartimento della Savoia della regione del Rodano-Alpidove in una fattoria un vitello è stato ucciso dai lupi.
Non si tratta dell'unico attacco, e pochi giorni prima un allevatore aveva perso tre manze di una mandria composta da una cinquantina di animali, fuggite in preda al panico perchè inseguite dai predatori e ruzzolate in un dirupo. 
Lì i lupi sono di casa, ma non più che da noi anche perché è dall'Italia che questi predatori carnivori dovrebbero provenire, ma i francesi sono anni che hanno deciso d'affrontare il problema molto diversamente da noi e, sebbene si tratti di animale protetto, li abbattono in deroga per mantenerne sotto controllo il numero.
Ne hanno stimati circa 300, 292 ad essere esatti e certo con maggior precisione rispetto a quanto accade qui da noi, solo oltr'Alpe, ed hanno stabilito che se ne debbano cacciare almeno 36 ogni anno, il 12% del totale, e questo perchè quello è considerata l'incremento medio.
E così lo scorso anno, il 5 luglio si è cominciato, assegnando a diversi cacciatori,  cui era stata fornitaa l'adeguata preparazione, le autorizzazioni ad abbattere i lupi.
All'inizio di aprile il piano è stato completato, ma non sono cessate le proteste di allevatori e pastori che lamentano continue predazioni e così Ségolène Royal , Ministro dell'Ambiente sotto l'allora Presidente Hollande, ha concesso due ulteriori autorizzazioni, mentre si fa sempre più insistente la richiesta francese perchè venga rivista la Convenzione di Berna che offre al lupo uno status giuridico di massima protezione.
Una di queste è stata utilizzata  pochi giorni fa, il 19 maggio, quando un grosso maschio di circa 40 chilogrammi, il 37 ° della serie,  è stato abbattuto a  Villarodin-Bourget, in Savoia.
Ora l'attacco di  Saint-Michel-de-Maurienne, e così i cacciatori francesi sono stati nuovamente messi in allarme ed il 38 ° lupo dovrà essere abbattuto proprio in quella zona, ma già infiammano le polemiche: basterà, o prima che finisca la stagione 2016/17 (prevista per inizio luglio) dovranno essere concesse altre deroghe?

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