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Alessandro Bassignana

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CAMPIONATO EUROPEO POINTER-CACCIA A SELVATICO ABBATTUTO

Articolo pubblicato su DIANA 18/2015
testo e foto di Alessandro Bassignana
 
William Arkwright ebbe a definirlo “signore del vento”, e cosa doveva avere in testa quel gentiluomo inglese dell’Ottocento quando battezzò così il pointer è facile capirlo non appena lo si vede in azione. 
L’English Pointer, da “ to point”, puntare in inglese, è un superbo cane frutto di un’accurata selezione che un paio di secoli fa seppe trarre il meglio da antichi bracchi continentali, costruendo una straordinaria “macchina da caccia”, dotata di un motore potentissimo rivestito da carrozzeria così perfetta che parrebbe disegnata da Pininfarina, Bertone o Giugiaro, insomma uno di quei nostri mostri sacri capaci di realizzare i bolidi che tutti noi ammiriamo sulle strade di mezzo mondo.
E che il pointer sia nato per correre velocemente lo sanno tutti quelli che l’hanno visto esprimere queste sue doti su campi e colline, tra monti e pianure; ma il nobile cane inglese è prima di tutto nato per cacciare, e questo lui sa farlo in maniera superba.
Le sue radici si perdono nei secoli, e molti ne vantano la primogenitura, giacché nelle sue vene scorre il sangue di antichi bracchi spagnoli, portoghesi, francesi ed italiani, e le tante guerre che insanguinarono il continente europeo per secoli ne favorirono il rimescolamento.
La caccia un tempo era appannaggio di ricchi e nobili, e furono molti coloro che si dedicarono alla selezione dei loro cani da caccia cercando d’ottenere ausiliari che non seguissero la pista olfattiva del selvatico come fanno normalmente i segugi, ma, viceversa, fossero in grado di “bloccarlo”, cacciando a vento e puntandolo, dando così il tempo al cacciatore di abbatterlo con il fucile (prim’ancora forse di catturarlo con reti).
L’ausiliare doveva quindi essere dotato di grande olfatto e velocità, utile a coprire grandi spazi per reperire la selvaggina.
Secondo alcuni la “base” furono i bracchi spagnolo e francese mentre altri ritengono sia stato determinante l’apporto di quello italiano, ma bisogna subito osservare come masse e movimento rendano poco plausibile questa ipotesi. Più probabile vi sia una lontana parentela con quello portoghese, cane antichissimo e che i lusitani con orgoglio sostengono sia il vero padre del pointer inglese.
A noi però non interessa capire quale sia stata la vera origine del pointer, perché altri l’hanno già fatto molto meglio di noi, e in maniera approfondita, ma oggi vogliamo invece raccontarvi di un superbo cane da caccia, quello stesso che ancora, a distanza di decenni e secoli, riesce ad emozionare e far palpitare i cuori di molti appassionati.
Atletico e dotato di una forte ossatura il cane d’Albione è fornito di masse muscolare lunghe, piatte e salienti, capaci di regalare quando lo si carezza la sensazione d’essere al cospetto d’un ginnasta o di uno sportivo di rango.
La sua struttura lo inscrive in un quadrato, così come si conviene ad un vero galoppatore che debba esprimere tutta la sua velocità su lunghe distanze, a differenza del trottatore che invece è sempre è chiamato ad un lavoro differente, costante.
Il pointer il suo galoppo lo ha davvero esplosivo, tanto che vederlo allo sgancio desta fortissima impressione; comunque non deve trarre in inganno il fatto che lui corra forte, perché il cane inglese non è un levriere che cacci a vista, ma viceversa un ausiliare che lo fa con l’olfatto, e dunque a regolare questi perfezionati meccanismi deve esserci un cervello capace d’elaborare con la velocità di un computer.
Quando poi uno pensa al cane da ferma, o ancor più genericamente a quello da caccia, ad emozionare sono le prestazioni olfattive e allora bisogna precisare come quelle in dotazione al pointer siano tra le migliori che Madre Natura ha potuto dispensare su questa nostra terra, tanto che molti altri quattrozampe, venatici e non, si presume le abbiano derivate da lui. Il nostro amico infatti fu abbondantemente utilizzato per lo sviluppo o il miglioramento di numerose altre razze canine fissando in loro determinate caratteristiche, specialmente quando le si voleva dotare d’un naso potente.
Nell’Ottocento cominciò ad imporsi all’attenzione dei cacciatori di tutta Europa, e in breve la sua diffusione avvenne anche oltremanica, dove furono esportati soggetti di alto livello.
L’abbiamo subito scritto, ed è bene ora rimarcarlo: il pointer è un cane da caccia.
Sembra banale dirlo, ma il destino di questo superbo ausiliare l’ha portato dopo un’inarrestabile ascesa ad un certo…declino, quantomeno meno numerico, perché a lui si sono preferiti altri cani da ferma come il “cugino” setter inglese, l’epagneul breton o il kurzhaar. Sia chiaro, questo è avvenuto in un contesto generale di riduzione, annualmente s’iscrivono all’ENCI ancora migliaia di cuccioli (2.039 nel 2013, in costante calo dai 4.282 di dieci anni prima), ma molti meno rispetto al setter inglese (12.536 nel 2013 e 19.775 nel 2003) o ai concorrenti francese (3.209 nel 2013 e 7.499 nel 2013) e tedesco (2.334 nel 2013, 3.992 nel 2003).
Si può dunque dire che la crisi sia prima di tutto quella della caccia, con appassionati sempre più anziani, poco ricambio generazionale, costi non più sostenibili da tutti; ma anche quella di alcune sue specifiche forme, e quella con il cane da ferma in primis.
I nembrottini nazionali abbandonano sempre più spesso le doppiette o sovrapposti per passare a carabine o automatici slug, con cui si dedicano alla caccia di selezione ai grandi ungulati (cervo, capriolo, daino, camoscio e muflone) oppure alla ricerca in braccata dell’irsuto setolone, quel cinghiale che ormai viene…braccato in tutt’Italia, da nord a sud, da ovest a est, isole comprese!
Risulta evidente come a penalizzare il nostro pointer, e non solo lui, siano dunque la mancanza di territorio e di selvaggina idonea, restando ben poche le zone vocate a questo tipo di pratica venatoria.
“Il signore del vento” s’esprimeva al meglio su starne e pernici, dove aveva forse il setter inglese come più accreditato rivale, ma tutti sappiamo bene come ormai quei ceppi di uccelli autoctoni siano praticamente estinti, restando pochissime le zone dove si possa ancora vedere questo selvatico esaltare le doti dei nostri cani.
Dresseur e cacciatori cinofili si trovano costretti ad emigrare altrove per provare ancora emozioni da noi sbiadite come le pagine d’un vecchio giornale: Serbia, Polonia, Andalusia, Mongolia e così via, mete non certo alla portata di tutte le tasche.
Chi ancora vuole utilizzare il pointer al meglio delle sue potenzialità lo può ancora fare sulle Alpi, dove il cane d’Albione può ancora insidiare forcelli, pernici bianche o coturnici, quest’ultime presenti anche in Appennino.
Qui però la concorrenza con il setter lo vede soccombere nettamente, forse in virtù di un pregiudizio che lo vorrebbe meno resistente a freddo e gelo.
C’è poi la beccaccia, la Regina, maliardo uccello cui si dedicano gli ultimi romantici della caccia con il cane da ferma, ma lì si caccia nel bosco, spesso fitto ed intricato, e le doti velocistiche del nostro pointer paiono compresse da un terreno che certo non può evidenziarne tutte le straordinarie qualità.
Fortunatamente la selezione non si è fatta condizionare dalle mode, e così numerosi allevatori, o anche solo semplici appassionati, hanno saputo continuare quel prezioso lavoro di tutela di un patrimonio zootecnico qual’ è il pointer inglese.
Il cane britannico seppe conquistarsi il cuore di molti appassionati sin dagli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, risultando il preferito di molti cacciatori-cinofili di quegli anni, per poi consegnare lo scettro di massimo rappresentante dei cani inglesi al cugino pelofrangiato, selezionato in Italia così bene sino ad ottenerne la miglior rappresentanza a livello mondiale.
Il pointer è stato surclassato nei numeri dal setter inglese, e questo per molti anni, ma, fortunatamente, non ha mai cessato d’essere…oggetto del desiderio per coloro che dal cane da caccia vogliono trarre forti emozioni.
Autentici purosangue dotati d’olfatto portentoso hanno continuato a calcare i campi di gara, alternando alla “Grande Cerca” prove d’estrazione…più venatorie, come quelle a selvatico abbattuto.
Ed è proprio in una di queste competizioni che mi è stata offerta la possibilità di vederli al lavoro: il Campionato Europeo Pointer a selvatico abbattuto.
L’evento, organizzato dal Pointer Club d’Italia, insieme a quello internazionale, si è svolto a Gavazzana, in provincia di Alessandria.
Ad ospitare cani e conduttori i gestori d’una bella azienda faunistico-venatoria, “Nuova Selva” di Roberto Locatelli, da sempre luogo deputato alle vicende cinofilo-venatorie.
L’appuntamento era fissato per i giorni 17 e 18 ottobre 2015, e a confrontarsi sono state le rappresentative nazionali di molti club di pointeristi, e precisamente: italia, Francia, Serbia, Spagna, Germania, Svizzera, Bulgaria, Montenegro, Turchia.
Una quarantina i cani iscritti e che si sono confrontati nei giorni di gara, divisi in due batterie.
La Giuria, formata per la batteria 1 da Urra (Presidente), Sormaz, Ponireaz e Vuckevic (Presidente), Pola, Thoquenne per l’altra, ha potuto esaminare i cani al lavoro su terreni adatti a valorizzarne appieno caratteristiche le caratteristiche venatiche, esprimendo sulle morbide colline piemontesi tutta la potenza della loro razza.
La prova era stata preceduta dalla presentazione di squadre, Giuria e dall’esame morfologico dei soggetti in gara presso la bella sede dell’azienda; anfitrioni dell’evento Enzo Casiraghi, Presidente del Pointer Club d’Italia, e Silvio Marelli che lo è del Pointer Club International, coordinati dal prezioso lavoro del Segretario Ivano Figini.
Molti i cani che hanno ottenuto l’eccellente nella verifica morfologica, a conferma del fatto che sempre più il connubio “bello e bravo” sia strada da perseguire, con la rappresentativa italiana ad ottenere i migliori risultati.
Allo sgancio i cani si sono trovati di fronte a terreni pronti ad essere divorati dal loro galoppo impetuoso con una buona consistenza di selvatici, per la verità molto prudenti e diffidenti tanto che alcune starne si sono involate prima dell’arrivo dei concorrenti.
I colli dove si è svolto il Campionato Europeo un tempo erano regno autentico per starne, pernici rosse e lepri, ma ormai sono stati colonizzati da nuova fauna selvatica, quella ungulata, rappresentata sull’Appennino Liguro-Piemontese da caprioli, daini, cervi e certamente l’invasivo e dannoso cinghiale, gioia e dolore della caccia moderna.
Ciò nonostante i pointer hanno potuto reperire selvatici autentici, nel caso starne e fagiani, presenti grazie all’ottimo lavoro effettuato dai gestori dell’azienda, capaci di mantenere intatti ambienti e terreni.
Grandi galoppi, prese di punto decise, guidate mozzafiato, correttezza e riporto perfetto, tutto questo i cani in gara l’hanno mostrato ampiamente, con un livello medio davvero elevato e capace di soddisfare anche i palati fini.
Alla fine delle due giornate di gara non se ne possono trarre che risultanze positive: il pointer da caccia esiste ancora, selezionato con cura e mantenuto in efficienza da migliaia di appassionati in tutta Europa.
Il bellissimo “atleta di Albione” non deve dunque temere la concorrenza dei cugini inglesi, e di altrettanto bravi “continentali”, offrendo ai cacciatori la possibilità d’appagare lo sguardo con l’esigenza del carniere, ben sapendo d’avere a disposizione autentiche…macchine da corse, potenti “fuoriserie” frutto d’un lavoro selettivo iniziato un paio di secoli fa e proseguito ancor oggi.
E veniamo ai risultati della due giorni alessandrina.
17 ottobre
Batteria 1: 1) la pointer nera Etolie du Gouyere condotta dal francese Teulieres Patrick (1° ECC CAC CACIT), 2) Vento del Sassalbo condotto da Luca Carnevale per il Montenegro (2° ECC RIS CAC), 3) Caelum Zoe condotta da Gianni Bernabè (3° ECC); eccellente anche per Mambo e Hanoi du Gouyere.
Batteria 2: 1) Luk pointer bianco arancio di Paolo Pardini (1° ECC CAC RIS CACIT), 2) Geri de Ursaunesol condotto da Gomez per la Spagna (2° MB).
18 ottobre
Batteria 1: 1) Luk di Pardini (1° ECC CAC CACIT), 2) Fram des Quenottes condotto da Veissieres (2° ECC), 3) Henry della Cervara condotto da Giuliano Ferrari (3° ECC).
Batteria 2: 1) Elancis Malena, Paolo Cioli (1° ECC CAC RIS CACIT), 2) Ikta de l’Azur et Or del solito Teulieres (2° ECC), 3) Eco de Selosu,.L. Sanz (3° ECC); eccellente per Gerry della Cervara e Hanoi du Gouyere e Molto Buono per Inge dei Morbidi e Vento del Sassalbo.
Alla fine si sono laureati campioni europei Luk per i maschi, con Vento del Sassalbo come vice, e Etoile du Gouyere per le femmine, con Elancis Malena a farne da vice.
Il pointer inglese è ancora in salute, è questa è per tutti noi la migliore notizia! 
 
 

LE ASSOCIAZIONI VENATORIE RICONOSCIUTE ALLA REGIONE: "RITIRATE L'EMENDAMENTO SULLA TIPICA FAUNA ALPINA"

Le Associazioni Venatorie riconosciute chiedono ai consiglieri di Regione Piemonte di ritirare l'emendamento n. 42 al ddl. n. 210, relativo a modifiche ulteriori alla l.r. 4 maggio 2012 n. 40, perché "...in possibile contrasto con norme costituzionali che delegano allo Stato Italiano l'esclusiva potestà legislativa in materia ambiente, così come già evidenziato nel recente ricorso presentato dal mondo venatorio al Tar avverso al calendario venatorio 2016/17, ed in particolare proprio in riferimento ad analogo provvedimento legislativo di Regione Piemonte sulle specie pernice bianca, lepre variabile e allodola."
 
Ricordiamo come l'emendamento, firmato da alcuni consiglieri di maggioranza (PD, Scelta Civica, Moderati e SEL) prevede il divieto di caccia alle specie gallo forcello e coturnice, e di fatto chiuderebbe tutta la caccia alla tipica fauna alpina.
In Piemonte al momento è già vietata con legge regionale la caccia a pernice bianca e lepre variabile (oltre che all'allodola), ma su questo pende un ricorso al Tar in relazione alla presunta incostituzionalità di quel provevdimento. 
 
"Questa" continua il comunicato,"potrebbe diventare occasione favorevole per riprendere una collaborazione cui non intendiamo affatto sottrarci, certo fra sensibilità molto diverse, ma pur sempre nel rispetto di ambiente e biodiversità, e tutto ciò senza dover rinunciare a tradizioni secolari, o a significativi interessi di settore economico e sportivo-culturale afferenti l’attività venatoria piemontese." 
Le Associazioni rinnovano la loro disponibilità a partecipare ad un tavolo di lavoro con le forze politiche interessate "...affinché la nuova legge regionale sull'attività venatoria nasca in piena armonia con spirito e contenuti della l. 157/92 cui essa dovrà riferirsi, e possa quindi rappresentare garanzia di rispetto per insuperabili esigenze di collettività e dei legittimi portatori d’interessi."
 
A firmare il documento Anuu Migratoristi, Federcaccia Piemonte, Enalcaccia, EPS, ANLC.

NO AL TELEFONINO, E I CACCIATORI SI RIBELLANO

Accade in Emilia Romagna: appena approvato dalla Giunta Regionale il calendario venatorio 2016/2017 diventa subito motivo di protesta da parte di ANLC, a causa di una norma contenuta che vieta l’utilizzo di telefonini e smartphone durante le battute. Lo riporta il Corriere di Romagna.

Il divieto imposto appare ai cacciatori lesivo dei loro diritti e al rispetto della vita privata e famigliare, anche perché tale divieto arriverebbe ha escludere l’uso del telefono anche per motivi riservati. E' stata indetta una petizione per ottenere una modifica al calendario indirizzata al presidente della Regione Stefano Bonaccini, ai garanti delle comunicazioni e della protezione dei dati personali.

Si contesta il seguente punto: "E’ vietato l’impiego di strumenti di comunicazione radio o telefonica nell’esercizio dell’azione di caccia, salvo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 22 del R.R. n. 1/2008 (utilizzo della radio per la caccia in braccata al cinghiale ndr) e nei casi in cui risulti di primaria importanza tutelare la salute personale". Sarebbe possibile usare il telefonino in casi d'emergenza, ma non per motivazioni personali, famigliari, professionali, sembra anche che la norma autorizzi gli addetti al controllo a verificare il telefono e i suoi contenuti.

"L’uso di strumenti, registratori, trappole o artifizi vari era comunque già vietato – afferma Bruno Gurioli, presidente di ANLC –, indipendentemente da dove installati. Questa nuova preclusione si pone in netto contrasto con la salvaguardia delle libertà individuali di comunicazione, viola il diritto alla privacy e alla riservatezza dei dati personali, risulta lesivo della Convenzione europea diritti dell’uomo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e perfino della Costituzione che tutela la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Una limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Si tratta dell’ennesimo tentativo di contrastare i cacciatori, introducendo limitazioni scoraggianti uno sport praticato in tutta Europa, che porta benefici all’agricoltura, all’ambiente, al turismo, all’economia, alla vigilanza del territorio". 

Ottiche per il cinghiale: confrontiamo i migliori cannocchiali da caccia in battuta

  • Pubblicato in Ottiche

I produttori più importanti hanno presentato il loro nuovo modello nel 2016. Dal confronto emerge un chiaro vincitore, vediamo in dettaglio perché.

fucili cinghiale L’imbarazzo della scelta…Il fattore comune è sempre il Magnus 1-6.3×24, che surclassa i punti rossi e tutte le altre ottiche per compattezza, campo visivo, pupilla d’uscita e meccanica superiori.

Il Magnus 1-6.3×24 di Leica è stato considerato finora a buon diritto il miglior cannocchiale da battuta del mondo. Oltre a detenere ogni primato in fatto di parametri chiave su cui valutare un’ottica da caccia al cinghiale, ha dimostrato negli ultimi due anni la sua superiorità vincendo svariate competizioni di tiro alla sagoma del cinghiale corrente ed equipaggiando la carabina del recordman Raniero Testa in tutte le sue straordinarie performances. Ultimamente è stato scelto come “Ottica Ufficiale” anche dal miglior produttore al mondo di armi per il tiro dinamico sportivo, ADC Armi Dallera Custom.
Foto Raniero Testa
Foto Mauro Fabris
Foto Carlo Mattiello
Perché sia il migliore è facile da spiegare, da qualsiasi prospettiva lo si voglia considerare . Cominciamo dalla celebre affidabilità meccanica superiore della serie Magnus, che garantisce sia la tenuta del sistema dei clic che quella della centratura del reticolo, anche dopo migliaia di colpi. Il recordman mondiale Raniero Testa ne ha sparati 90.000 con la sua carabina con il Magnus 1-6.3×24 e il campione di tiro Carlo Mattiello ha impiegato il suo Magnus 1.5-10×42 in decine di gare addirittura montandolo sulla canna liscia, il celebre PH Mauro Fabris ha utilizzato anch’egli un Magnus 1.5-10×42 senza riguardi e su un grosso calibro in oltre 300 giorni di caccia in Africa, e nessuno di loro ha mai dovuto ritarare l’ottica.
La concorrenza Swarovski ha sempre opposto l’argomento del peso, nel Magnus superiore di circa un etto rispetto allo Z6i, ma a parte la scarsa rilevanza di 100 grammi sul peso dell’insieme arma-ottica vediamo che i nuovi modelli Z8i appena presentati sono più pesanti, tanto da ridurre il vantaggio a soli 25 grammi, che sono da considerare a questo punto davvero impercettibili. Zeiss sotto questo aspetto è decisamente sovradimensionato, con il tubo addirittura da 36mm che porta il peso dello strumento a 6 etti, senza a nostro avviso portare alcun beneficio alle prestazioni nella caccia in battuta. Sempre in tema di dimensioni, il Magnus si afferma nettamente come il più compatto della categoria, per ben 3 centimetri di lunghezza. Elemento utile alla duttilità nell’uso.
All’altezza di quella meccanica è anche la qualità dell’immagine Magnus, la nitidezza straordinaria delle lenti Leica colpisce anche i più esigenti, in questo offrendo prestazioni difficilmente distinguibili da quelle dei suoi concorrenti; quella dell’elettronica, la velocità con cui si riaccende il reticolo illuminato in 60 livelli a spegnimento automatico appena si porta la carabina in posizione di tiro è insuperabile; ed è meno immediata da constatare ma ugualmente ineccepibile la resistenza superiore dei trattamenti antisporco (Aquadura) applicati alle lenti esterne, praticamente impossibili da scalfire.

Ma a parte la base di credenziali ottiche, meccaniche e elettroniche così solide, il vero trionfo di questo strumento della casa di Wetzlar dal bollino rosso è nelle sue prestazioni al momento del tiro. Nella caccia in battuta, il cui successo dipende quasi sempre dalla rapidità con cui si riesce ad acquisire un bersaglio in movimento rapido e ravvicinato, ciò che si richiede all’ottica è di aiutare al massimo l’occhio proprio nel mettere il centro del reticolo sull’animale più rapidamente e fermamente possibile, in modo da lasciare a tutto il resto dell’azione di mira e di tiro quanto più tempo possibile per agire con successo.
Sono solo due i parametri che contano, non ce ne sono altri. Uno è più ovvio e immediato da comprendere per chiunque, ed è il cosiddetto campo visivo, ovvero la porzione di spazio che l’ottica è in grado di inquadrare. Più è ampio questo spazio, e più rapidamente l’occhio umano riesce ad acquisire e a seguire e poi se serve anticipare il cinghiale nell’ottica. Leica Magnus detiene il record assoluto di campo visivo, con 44 metri inquadrati in larghezza a 100 metri di distanza. Nessuno arriva a tanto, anche se altri produttori ci arrivano abbastanza vicini. Le ultime novità presentate dai concorrenti principali quest’anno non hanno migliorato sotto questo aspetto il loro prodotto precedente.
Meno scontato da comprendere, ma ugualmente importante è il dato della pupilla d’uscita, ovvero la parte di spazio utile all’occhio che mira all’interno del cannocchiale. Chiunque può vederlo osservando attraverso l’ottica da almeno 40 centimetri di distanza. Si vede chiaramente un cerchio illuminato, con tutti i bordi neri, che è tutto ciò che ha a disposizione la pupilla umana per osservare e quindi mirare. Più è grande questo cerchio rispetto alle dimensioni della pupilla umana, più rapidamente e con minor fatica la pupilla stessa acquisirà il bersaglio, avendo a disposizione uno spazio più ampio per trovarsi in condizioni di mira perfetta. Qui il vantaggio del Magnus è enorme, ed è addirittura sorprendente aumentato con i passi indietro registrati dai prodotti appena presentati dalla concorrenza. Ebbene, il diametro della pupilla d’uscita del Magnus 1-6.3×24 al minimo ingrandimento (è lì che conta essere rapidi) è 12,4 millimetri. Se consideriamo che la pupilla umana arriva a dilatarsi al massimo intorno ad 8 millimetri si capisce perché abbia uno spazio di “manovra” eccezionale dentro questo cannocchiale, ed è soprattutto per questo motivo, e solo secondariamente per il campo visivo superiore, che chi prova a mirare con il Magnus con entrambi gli occhi aperti ha quella sensazione incredibile di immediatezza di acquisizione e addirittura di non vedere altro che soltanto il reticolo con tutto il campo di visione libero, come se l’ottica tra gli occhi e il cinghiale non ci fosse nemmeno. Il diametro della pupilla d’uscita del Magnus è oltre il 25% più grande di quello del concorrente che in questo gli si avvicina di più (Zeiss V8) e il 29% più grande di quello del concorrente principale (Z6i), vantaggio che sale addirittura a 53% se si considera il nuovo modello Z8i appena presentato da Swarovski.
Con il Magnus da battuta si mira con un’immediatezza incredibile, e a questo fine contribuisce anche la già citata compattezza maggiore di quella delle altre ottiche della categoria.

pupillaLa pupilla d’uscita record della serie Magnus ha il diametro di 12,4mm, oltre il 50% in più rispetto alla nuova serie appena presentata dal concorrente principale*
*Ci riferiamo in questi confronti ai dati presenti sui cataloghi dei produttori.

Rimane a vantaggio della concorrenza un fattore non trascurabile, nell’ipotesi che chi usa il cannocchiale da battuta si trovi nelle condizioni di effettuare tiri a distanze superiori ai 200 metri: l’ingrandimento massimo, che arriva con i nuovi modelli a 8x, contro i 6,3x del Magnus.
Questo è chiaramente un articolo di parte, pur essendo a nostro avviso assolutamente oggettivo. Ci rendiamo anche conto di non aver confrontato i diversi prodotti su tutti i possibili parametri di valutazione. Non lo abbiamo fatto solo per evitare un articolo troppo lungo, in quanto riteniamo che quelli analizzati rappresentino gli elementi rilevanti per paragonare le prestazioni dei diversi strumenti. Nella tabella è evidenziato un confronto più ampio, seppur certamente non esaustivo.

 

 

Comparazione ottiche da battuta
Cannocchiale Zeiss Victory V8 1.1-8×30 Leica Magnus i 1-6.3×24  Swarovski z8i 1-8×24
Campo Visivo m a 100m al minimo ingrandimento 39,5 44 42,5
Diametro della pupilla d’uscita al minimo ingrandimento mm 9,9 12,4 8,1
Ingrandimento massimo 8x 6,3x 8x
Diametro del tubo centrale mm 36 30 30
Distanza della Pupilla mm 95 90 95
Lunghezza mm 303 272 301
Peso g. 600 540 515
Trasmissione di luce % 92 92 93
regolazione diottrica -3.5;+3.5 -4;+3 -3;+2
Correz. punto d’impatto per clic (cm a 100m) 1 1 1
Spegnimento/riaccensione automatici con inclinazione arma si si si
Reticoli illuminati disponibili 2 (54, 60) 4 (4Ai, CDi, L3Di, PLEXi) 4 (4Ai, 4AiF, BRTi, Ldi)
Trattamento antisporco e antiacqua sulle lenti esterne Lotutec ™  Aquadura ™  Swaroclean™ 
Prezzo al pubblico IVA compresa € 2.420 2.140 2.290
TUTTI Disponibile con o senza scina, garanzia 10 anni, reticolo illuminato fine sul 2° piano focale, tenuta stagna, riempimento d’azoto, trasmissione di luce oltre 90%, trattamenti multistrato su lenti interne, tubo in lega di alluminio
Dati da documenti del produttore

 

Finora abbiamo parlato del Magnus di Leica riferendoci al prodotto appena sostituito dal modello Magnus “i”, con questa “i” che rappresenta le novità racchiuse nella nuova serie. I cannocchiali attuali e quelli nuovi sono lo stesso prodotto per quanto riguarda ottica, meccanica ed aspetto esterno. Non si tratta quindi di un vero e proprio nuovo prodotto, ma di alcune migliorie non appariscenti ma tutte utili apportate al prodotto esistente. 

Dall’esterno, la differenza è soltanto nella lettera “i” aggiunta al nome del prodotto e nell’eliminazione della sporgenza di metallo tra l’unità di illuminazione del reticolo e l’oculare. Per tutto il resto, Magnus e Magnus i sono del tutto identici.
La torretta dei clic adotta un nuovo sistema brevettato di memorizzazione dello zero. Se prima era necessario svitare con una moneta il centro della torretta per far girare a vuoto la ghiera numerata e portarla a zero una volta effettuata la taratura, adesso è sufficiente premere il centro della torretta per avere la ghiera numerata libera di girare a vuoto ed essere portata sullo zero. Un cambiamento non indispensabile, ma che sarà sicuramente apprezzato dagli appassionati.
Il meccanismo di accensione e spegnimento del reticolo è stato rivisto, con scatti netti che rendono molto difficile l’accensione accidentale. L’alloggiamento della batteria del reticolo è completamente nuovo e pur trattandosi di un elemento minore nell’economia del cannocchiale è veramente un piccolo capolavoro di ingegneria e di semplificazione della vita del cacciatore al momento di cambiare la batteria. La batteria si infila con una facilità mai vista in nessun altro cannocchiale e si blocca e si sblocca con fermezza in un attimo.
La durata della batteria del reticolo illuminato, già peraltro molto buona, è stata aumentata ulteriormente in modo rilevante grazie al ridisegno della parte elettrica.
Il prezzo di listino rimane inalterato. Il Magnus “i” costa come il Magnus. E anche questo è una novità, visto che le altre aziende con i nuovi modelli hanno ritoccato sensibilmente anche i prezzi. Il migliore, a questo punto, è anche il più conveniente.

Regina delle Rocce

 

Regina delle Rocce

 

Nebbia che pallida avanza

e d’umida ovatta avvolge le cime,

poi scende a valle  e par velo da sposa,

con diafane luci disegna le forme

tra pascoli alpini e rocce taglienti

celando i fantasmi dal volo leggero.

 

Rumori attutiti a un passo dal cielo

nel regno rupestre dell’agil camoscio,

d’uccelli grifagni signori dell’aria

prudenti marmotte che fischian allarmi,

muschi e licheni a far da tappeto

vallette nivali scavate dal gelo.

 

Qui l’erta salita cadenza i respiri

di uomini e cani che cacciano insieme

compagni uniti in atavici istinti,

passioni profonde diventan sospiri

attese d’un sogno che stenta a finire

e alberga nel fondo dell’anima vera.

 

Il galoppo radente carezza quel suolo,

i muscoli tesi or guizzan potenti

le nari frementi già cercano gli effluvi

frugando tra prati, esplorando anfratti

 discernon gli odori che s’alzan ovunque,

umori montani dell’ aspra natura.

 

Tintinna il campano col suono profondo

segnando la cerca dei fieri ausiliari,

orchestra che appaga chi ama quel gioco,

rallenta la corsa e cessa il rintocco,

si squarcia la cappa di brume bagnate

e il candido manto disvela il mistero.

 

Le frange setose si stendon fluenti

e ondeggiano ancora tra refoli lievi,

lo sguardo deciso che punta là in alto,

il passo felpato qual fosse un felino

che striscia tra l’erbe per tender agguati,

si ferma il respiro e rullano i cuori.

 

Esplode il fragore del frullo improvviso

metallico il canto d’uccello dei sogni,

rompe i silenzi del monte imponente

e i grigi cotorni s’involan potenti

squadriglia di caccia che va a guerreggiar

si tuffan nel bianco e han salva la vita. 

 

E uomini e cani ... son lì a gioire !

 

Testo di Alessandro Bassignana su foto di Ivano Pura

 

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