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Luca Gironi

Luca Gironi

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ARCI CACCIA: Cosa sta succedendo negli ATC Fiorentini?

Nei giorni scorsi, sulla stampa è apparso questo articolo, che segnala l'avvio di indagini che ipotizzerebbero gravi reati commessi negli Atc fiorentini. In particolare, l'occhio degli inquirenti si sarebbe posato sulle figure tecniche in relazione alle perizie di stima dei danni. Che ci sia una relazione tra queste indagini e la chiusura degli uffici dell'ATC  4 segnalata da ARCI CACCIA e ANLC nei giorni scorsi?

http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2018/05/19/news/caccia-aperta-un-inchiesta-su-perizie-irregolari-1.16851061

 

CIA LOMBARDIA: SERVONO MISURE SPECIFICHE SU DANNI DA CINGHIALE

La sola caccia non basta a contenere il cinghiale, occorrono misure di controllo e contenimento efficienti che proteggano le attività agricole e riducano a zero i danni cagionate alle stesse. Questo il principale messaggio contenuto della lettera inviata da Cia Lombardia all’assessore all’Agricoltura regionale Fabio Rolfi, che ha da poco attivato un tavolo specifico sulla gestione del cinghiale in Lombardia.

La presenza di ungulati nella nostra Regione non è spontanea, ma frutto di immissione artificiale -spiega Cia Lombardia– aggiungendo che il cinghiale lombardo è ciò che gli studiosi di ecologia definirebbero un esempio di inquinamento biologico, che come tale non fa altro che impattare negativamente sull’ambiente e sull’agricoltura, oltre ad essere pericoloso per l’incolumità stessa dei cittadini. Gli unici a trovare vantaggio dalla presenza del cinghiale sono i cacciatori.

Comprendiamo che dovendo normare la gestione del cinghiale, la Regione si è trovata a dover mediare tra queste esigenze fortemente in contrasto tra di loro e apprezziamo lo sforzo fatto nel contenere in modo cospicuo le zone idonee alla diffusione della specie e nell’includere nelle zone non idonee quelle dove l’impatto del cinghiale sull’agricoltura è più grave. L’Organizzazione, formulando alcune osservazioni alla legge regionale 19/2017, fa tuttavia presente che anche nelle zone considerate idonee ci sono vigneti, frutteti, vivai, coltivi, prati e pascoli, sui quali l’impatto del cinghiale è devastante e non opportunamente documentato. Peraltro le zone idonee sono tutte in collina o in montagna, dove l’agricoltura ha una maggiore valenza ecologica e nello stesso tempo è più difficile da praticare. Proprio in questi territori i danni provocati dalla presenza del cinghiale accelerano il processo di abbandono dei campi. Anche la virtuosa filiera vacca-vitello, che si sta sviluppando nelle “zone alte” rischia di essere gravemente ostacolata dalla presenza di ungulati.

Pertanto, sostiene Cia Lombardia, è necessario approntare misure efficienti per proteggere le attività agricole, partendo dai criteri che stabiliscono la cosiddetta “densità obiettivo”: principio fondamentale è considerare la densità obiettivo quella per cui i danni al settore primario tendono a zero. La “densità obiettivo” deve essere valutata zona per zona ed occorrono interventi mirati per raggiungerla.

A tale proposito –ricorda Cia Lombardia– le esperienze passate ci hanno dimostrato che la rotazione delle squadre preposte al controllo, su zone diverse rende più efficienti i loro interventi. Non escludiamo poi che all’inizio possa essere necessario approntare massicci abbattimenti straordinari, aventi lo scopo di ridimensionare opportunamente le popolazioni. D’altronde -evidenzia l’organizzazione- i rilasci abusivi sono ancora praticati, specialmente in orari notturni, quando non è possibile esercitare il controllo da parte delle figure preposte. Per questo occorre intensificare i controlli per identificare gli allevamenti abusivi e chiuderli.

Cia Lombardia chiede che e i metodi di controllo approntati garantiscano interventi tempestivi ed efficaci, affinché si prevengano i danni alle colture, cosa che fino ad ora non si è avuta. Venga costantemente monitorata l’efficienza delle misure adottate, in modo tale da mettere in atto delle azioni correttive se necessarie.

Liguria: Molte novità in vista per la prossima stagione

Cominciano a circolare le prime indiscrezioni sui provvedimenti varati dalla Regione Liguria per l'annata di caccia 2018-19. 

Stagione che andrà dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio, con due importanti novità: niente tassa regionale per i "neopatentati" e chiusura della caccia mezz'ora dopo il tramonto. Alleghiamo l'articolo:

http://www.lastampa.it/2018/05/17/savona/regione-tesserino-gratuito-e-orari-pi-elastici-per-invogliare-i-giovani-alla-caccia-RzFp7YAbsnwBcdXELROToK/pagina.html

 

Pontremoli: dopo 48 ore nei boschi viene salvato dai cacciatori

Si cominciava a disperare per la sorte dell'ex Sindaco di Pontremoli (MS), disperso nei boschi della Lunigiana da più di 48h. Per fortuna la squadra di caccia n.47 di Bassone si è mobilitata e, grazie alla perfetta conoscenza del territorio, è riuscita dove gli altri soccorritori avevano fino a quel punto fallito. Una prova ulteriore dell'importanza del ruolo svolto dai cacciatori come sentinelle del bosco.

Alleghiamo l'articolo:

http://www.voceapuana.com/lunigiana-e-apuane/cronaca/a-individuare-gussoni-e-stata-una-squadra-di-cacciatori-9998.aspx

 

ARCI CACCIA: Bracconaggio, basta con l’accademia degli inconcludenti


In merito alla dialettica attorno al bracconaggio il Presidente Nazionale, Sergio Sorrentino ha dichiarato:
“In questi giorni il Corriere della Sera, e non solo lui, torna a parlare di Bracconieri.
Per noi la questione, oggi, è superare il solo parlarne e affrontare con serietà e severità necessaria il problema. Noi non abbiamo dubbi: siamo dalla parte del fare qui, senza confonderci e cercare alibi nelle vicende di altri Paesi.
La prima questione per fare chiarezza è eliminare dalla discussione l’approccio disonesto e manipolatore di quanti, nell’animalismo di comodo, pregano affinché il bracconaggio non sia debellato, perché a loro serve per criminalizzare la caccia, quella italiana che è per Costituzione disciplinata quale attività ambientale. Questo animalismo si alimenta e cerca fortune nel bracconaggio.
Queste posizioni hanno l’altra faccia della medaglia nella beatificazione di inconcludenti tavoli di ispirazione politichese, dove ci si siede, per poi tornare ad incontrarsi e poi trovarsi di nuovo. Agli italiani ricordano più i banchetti inconcludenti che luoghi dove si lavora per risolvere i problemi.
Ci sono troppo spesso, nel mondo venatorio, operazioni di immagine per parlare a sé stessi, per scusarsi e giustificarsi con i cittadini che, incuranti dei riti, continuano, non solo nelle città ma anche nelle campagne, a non percepire bene il confine tra caccia e bracconaggio, perché una parte delle Associazioni Venatorie con codardia non mette la faccia e le bandiere nella lotta ai bracconieri. E’ un rito, questa comunicazione di “escusatio”, dove bene che va, le responsabilità si scaricano sulle leggi, sugli altri.
Noi non abbiamo nulla di cui scusarci o farci perdonare. E’ da tempi non sospetti che l’ARCI Caccia, con tanto di bandiere alte è scesa in Calabria con la Lipu di Mario Pastore, grande ambientalista scevro da pregiudiziali ideologiche, per dare il proprio apporto operativo contro il bracconaggio e a tutela dei Falchi. Quel bracconaggio, un tempo assai più aggressivo e sponsorizzato dalla criminalità organizzata locale. Stessa cosa in Campania, laddove coraggiose guardie volontarie dell’Arcicaccia, con orgoglio, hanno messo le loro persone fisiche in campo in efficaci e risolutive azioni per colpire il bracconaggio nelle Isole del golfo, con riconoscimento del loro impegno anche fuori dai confini nazionali.

Non è più tempo di “tavoli” dove qualcuno cerca anche prebende. Contrastare il bracconaggio è lotta dura. In alcune realtà, il confine tra bracconaggio e criminalità è assai labile.
Sconfiggere i bracconieri è parte della problematica più ampia della sicurezza delle campagne, del presidio capillare e costante di questi territori. Non servono “corpi” o “poteri speciali”. Occorre disinquinare il problema da ragionamenti settari per dare forza e sostegno all’azione dei Carabinieri Forestali mettendo al loro servizio, dopo una riforma che ha indebolito la Polizia Provinciale, le polizie locali, i Guardiaparco, le Guardie delle Aziende Faunistiche e le Guardie Volontarie di tutte le Associazioni: ambientaliste, venatorie, ittiche e zoofile. Un piccolo esercito di volontariato sociale che deve essere formato e governato dai Carabinieri. Con questo spirito abbiamo sottoscritto la Convenzione con l’Arma dei Carabinieri. Il Governo, il Parlamento intervengano per consentire il corretto ed efficace impiego dei volontari.
Già gli ATC e i CA pagano spesso per la vigilanza delle guardie provinciali. Responsabilizziamo anche questi Enti gestori della fauna selvatica, diamo loro il giusto ruolo di cui, troppo spesso, il mondo venatorio ha paura e li relega alla compravendita di fagiani perché teme il definitivo offuscamento di Associazioni che non se la sentono di assolvere a quel ruolo di tutela del paesaggio e della fauna selvatica che il legislatore affida loro quali componenti della compagine sociale degli ATC e CA al fianco degli agricoltori che sui loro territori subiscono atti delinquenziali.
Non solo emblematiche, episodiche, presenze con campi e quant’altro; vanno bene ma non bastano. Più presidi, più controllo permanente. Più la comunità sente che la fauna selvatica è una sua proprietà, più i bracconieri saranno messi in fuga.
Come si era tentato nel passato con il Corpo Forestale, i Carabinieri convochino i soggetti interessati al “fare” contro i bracconieri, si costruisca un Dipartimento Investigativo Anti-bracconaggio e si usino le competenze che, alla teoria talvolta a gettone, sostituiscono le competenze di coloro che sono nelle campagne. Le risorse si usino a risultati raggiunti e non siano argomento di comodo per non fare nulla.
Leggiamo che la situazione, rispetto a 30 anni fa, è migliorata, sono diminuiti i bracconieri. Bene, vuol dire che non se ne vanno sempre i migliori, ma non ci basta.

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