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Luca Gironi

Luca Gironi

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TOSCANA: IL PROFESSOR APOLLONIO SI DIMETTE DAL COMITATO SCIENTIFICO DELL'URCA

Dopo il ricorso che ha bloccato il prelievo di piccolo e femmina di capriolo non si placano le polemiche in casa URCA. Dopo lo smarcamento del Presidente Regionale toscano, arrivano le dimissioni del Presidente del comitato scientifico dell'associazione, il Prof. Marco Apollonio. Con una lettera indirizzata al Presidente Nazionale, che già da ieri gira sui social, il noto accademico lascia in polemica con la scelta di Drovandi.

Caro Presidente
Con rammarico ti comunico le mie dimissioni dal comitato scientifico dell’URCA, del quale con piacere ho fatto parte per molto tempo. La ragione è la recente iniziativa adottata dall’URCA rispetto al ricorso sulle norme di prelievo del capriolo della Regione Toscana con particolare riferimento al possibilità di prelevare femmine e piccoli a partire dal 15 agosto. Come ti avevo comunicato in una nostra conversazione telefonica dello scorso mese di luglio io non solo condividevo pienamente quella scelta ma avevo personalmente suggerito alla Amministrazione Regionale di adottarla. Mi sembra quindi opportuno essere coerente con tale posizione, che continuo a considerare necessaria alla buona gestione della specie nel contesto toscano, e dissociarmi da chi propende per scelte diametralmente opposte.
Le ragioni per le quali ritengo l’aver promosso la sospensione della caccia alla femmina e piccolo di capriolo dopo il 15 agosto un grave errore gestionale in un contesto come quello toscano sono le seguenti:

Tale pratica è stata adottata dall’inizio della caccia di selezione in Toscana (1998 ad Arezzo e Siena a seguire le altre provincie) senza che le popolazioni di capriolo avessero alcun calo demografico o qualitativo ma piuttosto in quel periodo il capriolo ha mostrato un deciso e rilevante incremento testimoniato dai dati raccolti dai cacciatori stessi, fra i quali gli aderenti all’URCA rappresentavano una componente importante. Ricordo inoltre che la caccia alle femmine iniziava addirittura il 1 agosto.
Non esiste alcun dato scientifico che dimostri che i prelievi delle femmine di capriolo in agosto abbiano una influenza negativa sulla popolazione.
La sospensione della caccia estiva alle femmine in conseguenza della pubblicazione delle linee guida ISPRA nel 2013 ha avuto come conseguenza la riduzione dell’efficacia dei prelievi sia in senso quantitativo sia in senso qualitativo: la quota media di realizzazione dei piani di prelievo del capriolo in Toscana è scesa al 60%, il rapporto fra maschi e femmine prelevati si è modificato rispetto al passato con una riduzione del numero di femmine che ha sbilanciato gravemente il rapporto sessi.
La situazione gestionale degli ungulati in Toscana sta attualmente creando forti frizioni con il mondo agricolo con pressioni che hanno determinato la promulgazione di una legge speciale loro dedicata. In questo contesto promuovere azioni che riducono l’efficacia della gestione venatoria praticata con la caccia di selezione è fortemente negativo proprio per il mondo che URCA rappresenta e per la società nel suo complesso.

Infine noto che in tutto il periodo compreso fra l’inizio della caccia di selezione in Toscana ed il 2012 l’URCA non abbia sentito la necessità di assumere alcuna posizione critica rispetto alla caccia estiva alle femmine ed il fatto che questo accada ora sia in ovvia controtendenza rispetto alla abbondanza della specie e quindi alla necessità di assumere misure di conservazione nei sui confronti: credo si possa concordare sul fatto che il capriolo in Toscana fosse meno numeroso nei primi anni 2000 piuttosto che nel 2018.

Ritengo opportuno mettere a conoscenza di questa mia decisione i rappresentanti toscani del Direttivo URCA, alcuni colleghi del comitato scientifico e il segretario della commissione che la Regione Toscana ha istituito per adottare misure migliorative per la legge speciale e la gestione degli ungulati in generale.

Con miei migliori saluti

Marco Apollonio

CACCIA DI SELEZIONE: L’ ARMA SECONDO MARCO BENECCHI I° PARTE

Fino a pochi decenni fa, la caccia a palla in Italia era praticata esclusivamente sulla fascia alpina, da una ristretta cerchia di cacciatori che si tramandavano quest’ arte venatoria da molte generazioni. Solo nel Centro Italia, pochissimi appassionati cominciavano ad apprezzare l’uso della carabina nella caccia al cinghiale, ma si trattava comunque di un esiguo numero di cacciatori spesso criticati se non addirittura malvisti. In Maremma e sull’ Appennino Tosco Emiliano, in qualche esclusiva Riserva privata, si cacciavano anche daini e mufloni, più per occasioni mondane che in battute di caccia vere e proprie. Oggi, la proliferazione di ungulati come il capriolo, il cervo e il cinghiale ha fatto sì che, in certe zone, dove questi animali sono sempre stati presenti, ma mai regolarmente cacciati; si è reso necessario contenerne la popolazione con interventi mirati mediante la Caccia di Selezione, giustamente praticata da cacciatori abilitati, che hanno seguito dei corsi di specializzazione e superato degli esami, sia pratici che teorici.DSC 0024 minDapprima con diffidenza e poi con un timido entusiasmo, molti cacciatori di selvaggina minuta si sono ritrovati ad intraprendere l’avventura della caccia a palla alla “Grossa selvaggina”. Ben pochi dei suddetti avevano in rastrelliera una carabina e ancora meno avevano le nozioni Tecnico-balistiche necessarie per acquistarne una. Una volta, tanti anni fa, mi recai a visitare l’allora grande armeria Ravizza di Milano. Mi trovavo da quelle parti per lavoro, così sfruttai un sabato mattina per fare qualche piccolo acquisto nel prestigioso negozio. Chi ancora ricorda come era “Ravizza “a quei tempi, saprà di certo come i commessi gestivano le vendite. Mentre spulciavo la lista dei componenti di ricarica che dovevo comperare entrò un distinto signore che andò subito spedito al reparto “Canna rigata” chiedendo: “Vorrei acquistare una carabina” ed il commesso, competente, gli disse: “Cosa deve cacciarci?” Non gli chiese di che marca la volesse e sopra tutto in che calibro, quello glielo avrebbe consigliato lui insieme alle munizioni che avrebbe ritenuto più idonee per quel tipo di caccia, ed all’ottica che ci avrebbe montato, in base alla sua lunga e collaudata esperienza. Provate a fare lo stesso oggi, in un modesto negozio di Caccia e Pesca, dove il proprietario fino all’altro ieri sapeva consigliarti quali cartucce tirare con la “Tramontana” oppure quelle da usare con il vento di scirocco, mentre incartava una scatoletta di esche vive.

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Purtroppo, i tempi sono cambiati, i commercianti lavorano esclusivamente “su catalogo”, non investono più centinaia di milioni per riempire le vetrine e in giacenze di magazzino. Puoi ritenerti fortunato se, entrando in un’armeria, nelle rastrelliere trovi quattro o cinque carabine. A volte sono sufficienti per poter soppesare e scegliere quella che risponde meglio alle tue esigenze e perché no quella che più ti ha colpito esteticamente. Nella maggioranza dei casi, la tua bella carabina devi ordinarla. Così come l’ottica, gli attacchi e le munizioni che intenderai utilizzare. Che caratteristiche dovrebbe avere quest’arma? Per praticare la caccia di Selezione, secondo il mio parere la scelta dell’arma si limita a due soli modelli: il monocanna rigato, Kipplauf, e la carabina ad otturatore scorrevole girevole comunemente detta Bolt action. Parecchi cacciatori utilizzano anche qualche combinato, ancora ammissibile e qualche semiautomatica dotata di ottica a forte ingrandimento, meno tollerabile sia da un punto di vista pratico sia etico. Il Kipplauf è un’arma bella e funzionale, leggera e maneggevole, spesso è dotata di buona precisione e di innovazioni tecniche degne di nota come ad esempio la possibilità di trasportare l’arma carica con il colpo in canna ed il cane disarmato, in completa sicurezza, pronta allo sparo con un semplice movimento di un cursore. Contiuna....

SARDEGNA: IL TAR SOSPENDE IL PRELIEVO DI PERNICI E LEPRI SARDE

Sardegna, il TAR ha accolto il ricorso delle associazioni animaliste, bloccando il prelievo di lepre e pernice sarda. Per adesso si tratta di una sospensiva che blocca il provvedimento della regione in attesa della decisione definitiva. Nel mirino la mancanza di dati certi sulla consistenza delle due specie.

http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2018/09/01/tar-sospende-caccia-a-lepre-e-pernice_b0d9396a-dc9f-4cdb-9a2b-74b55699082f.html

 

CALABRIA: IL COORDINAMENTO DELLE AAVV INTERVENGONO NELLA POLEMICA SUL CINGHIALE

In occasione della manifestazione di protesta degli agricoltori calabresi prevista per oggi, i giornali e altri organi di stampa sono stati subissati da comunicati e dichiarazioni provenienti un po’ da tutto l’arco dei portatori di interesse. L’unico a tacere, fino ad ora, è stato il mondo venatorio. L’unico, concedetecelo, che al fianco degli agricoltori lavora certamente ben più degli ambientalisti nel controllo delle specie problematiche come il cinghiale, ma anche i corvidi, lo storno e altro ancora, e che avrebbe più cose concrete da dire in questo campo. Anche solo pensando a quello che fa e che non corrisponde proprio a quanto gli viene imputato strumentalmente da una ben definita aerea che non crediamo necessario esplicitare.

Scevro come sempre da qualsiasi voglia di fare polemiche inutili, il Coordinamento delle Associazioni Venatorie Calabresi (Federcaccia, Libera Caccia, Enalcaccia, Arci Caccia, Anuu, Italcaccia ed Eps) ritiene oggi di dover fare qualche puntualizzazione.

I cacciatori, indicati come causa del problema cinghiale sono in realtà l’unica categoria che, come premesso, si può dire costantemente a fianco degli agricoltori a difesa del loro lavoro e delle stesse Istituzioni per tutelare la pubblica incolumità che il proliferare della specie mette sempre più a repentaglio.

La situazione della nostra regione non è affatto unica, ma la gestione del problema cinghiale investe gran parte del territorio italiano e richiede il coinvolgimento e il confronto tra tutti gli attori coinvolti che ancora non è stato posto in atto o, almeno, non in maniera esaustiva, anche se dalle esperienze (positive e più spesso negative) di altre regioni possiamo trarre insegnamento.

Il principale problema della Calabria è la mancanza di una effettiva governance del territorio che deve essere sviluppata con il contributo di tutti gli attori interessati – e messa in condizione di funzionare – in modo laico e basato su presupposti oggettivi, scevri da visioni di parte o peggio astratte ed ideologiche.

I cacciatori e le Associazioni che li rappresentano sono pronte a fare la loro parte, ma non possono sostituirsi alle competenze altrui, in primis delle Istituzioni, locali e nazionali, che alla realtà dei fatti fino ad ora non sono state in grado, per i motivi più disparati, di dare vita a un sistema organico, ben coordinato di gestione, se non affrontando il problema con soluzioni spot e parziali. È vero anche che altre regioni risentono di questo problema da più lungo tempo e quindi possiedono una maggiore esperienza e una organizzazione d’intervento meglio consolidata. Serve una gestione che riguardi ovviamente tutto il territorio, in primis le aree protette, che sono indubbiamente il grande serbatoio naturale all’interno del quale prosperano e si rifugiano i cinghiali che poi vanno a far razzia nei campi dei territori limitrofi.

Ci fa piacere che anche altri lo abbiano sottolineato, suggerendo l’ “attuazione ai Piani di gestione del cinghiale, implementando le catture e gli abbattimenti con personale autorizzato”. E quale dovrebbe essere “questo personale autorizzato” a disposizione della Regione se non i soli cacciatori? Sono i cacciatori che da sempre si prestano a puro titolo di volontariato, gratuitamente, anzi spesso rimettendoci del proprio. Altro che pura attività ludica. In gran parte del Paese il vero problema in prospettiva (soprattutto per gli agricoltori) sarà il forte calo numerico dei cacciatori, chi si occuperà un domani del controllo delle specie problematiche, comprese quelle che oggi non lo sono ancora e che diverranno tali nel prossimo futuro? I cacciatori, ben formati e adeguatamente indirizzati, sono una risorsa sociale preziosa, da valorizzare, non da colpevolizzare per soli fini strumentali di corto respiro o per scarsa lungimiranza.

Il coordinamento delle Associazioni Venatorie è come sempre pronto a fare la sua parte, ad iniziare da un confronto serio e concreto, per mettere in pratica le soluzioni efficaci e procedere a tutti i passi necessari affinché possano realizzarsi al meglio, anche partendo dalla ricomposizione degli ATC sui quali hanno condotto una battaglia solitaria, nell’indifferenza, allora, di chi ora la richiede a gran voce come fosse la sola soluzione del problema.

Coordinamento AA.VV.

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