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Luca Gironi

Luca Gironi

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Arci Caccia: In Toscana si vota per il Parlamento, non per la Regione, non si facciano errori

Siamo grati per l’impegno assunto da alcuni candidati al Parlamento dei diversi schieramenti in Toscana nel merito della gestione faunistico venatoria sostenendo il Manifesto per l’Italia, il paesaggio, l’ambiente e la ruralità.

Il Manifesto sta ricevendo sottoscrizioni autorevoli a testimoniare il radicamento culturale dell’attività venatoria

E’ stata importante la stesura fatta dalla totalità delle Associazioni venatorie nazionali (FIdC, Enalcaccia, ANUU Migratoristi, ARCI Caccia, Liberacaccia, Italcaccia, EPS) e dal CNCN che ha permesso l’interlocuzione con le Organizzazioni Imprenditoriali Agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA che, ancorchè in modo articolato, hanno segnalato interesse e convergenze. In Toscana un percorso con gli agricoltori si era avviato.

Le Federcaccia toscane hanno promosso un documento solitario rispetto alle altre Associazioni presenti in Regione che si riconoscono nel Manifesto unitario dei cacciatori italiani (malgrado la firma della loro Federazione nazionale). Si sentono già in campagna elettorale per le “Regionali” e con il documento del “Gran Ducato” autocelebrano tensioni, espressioni di una “regionofobia” in essere dall’inizio della consigliatura e, ormai, patologica.

È confortante il ripensamento che si esprime nel documento regionale, che propone il tema degli ATC che debbono essere il soggetto gestore delle direttive regionali (aggiungiamo correttamente gestore), senza le maniacali “SRL” o altre invenzioni con le quali si vorrebbe sostituire la gestione sociale con quella privata. Tra i limiti, la gestione degli ATC, ha avuto modalità e scelte che si stanno chiarendo ora aprendo contraddizioni e annesse dimissioni. Le responsabilità di quanti hanno rappresentato l’Associazione venatoria (e annessa ambientalista) di comodo negli ATC, stanno emergendo.

Il coinvolgimento delle Associazioni, assicurato dalla Regione, nel rispetto e per quanto previsto dalla legge, è stato e sarà sempre più garantito grazie alla “presenza aperta” delle riunioni degli ATC. La trasparenza aiuta a sgombrare il campo dagli equivoci lasciati dal passato e un maggiore controllo della Regione sugli atti che riguardano il patrimonio faunistico dei cittadini, sarà utile.

Nazionalmente, sarebbe economicamente positivo riprendere la norma, prevista nella Finanziaria approvata con l’ultimo Governo Prodi, che affidava alle Regioni il 50% delle tasse di concessione governativa per la gestione faunistica. Particolarmente importante dove i soldi versati dai cacciatori vanno quasi totalmente agli ATC. Recuperare e destinare il ristorno delle tasse, alla competenza regionale per una programmazione faunistica “solidale”, rispettosa delle direttive del Governo toscano, non sarà male.

Come propone il Vice Ministro Morando, in una sua dichiarazione, si deve affrontare e superare il “De Minimis” a proposito dei danni all’agricoltura degli ungulati. In Europa, non vogliono intendere che in Italia, gli agricoltori – e meno male – ospitano il “patrimonio faunistico dello Stato”. All’Europa non è chiaro: la selvaggina non è merce.

Le Regioni possono avere un po’ di risorse. In Toscana, insieme ad una rapida operatività della centrale unica di acquisto e alle altre modifiche di legge previste e, purtroppo, ancora non a regime e con alcuni regolamenti da rivedere (cinofilia), potrebbero concorrere a migliorare lo “stato dell’arte”. Alcune delle richieste degli agricoltori che, nei documenti regionali, indicano per gli ungulati le migliorie e una sollecita applicazione della legge in tutte le sue parti, sono idonee per un clima nuovo per il futuro della gestione faunistica. La verifica degli obiettivi raggiunti è indirizzare l’uso delle risorse in capo agli ATC, più agli agricoltori che alle consulenze sarà cosa saggia. Ciò per gli ungulati toscani, in sintonia a quanto si legge sul Periodico della FIdC: “…Volendo trarre delle prime conclusioni da questa esperienza relativamente recente e che potremmo definire pionieristica, si può affermare che i risultati fin qui raggiunti delineano un’esperienza sotto certi aspetti ancora “da consolidare”, ma positiva, con il numero di ungulati abbattuti in crescita, il numero di selettori e cacciatori formati in costante aumento e un graduale sviluppo dell’indotto legato alla vendita della carne…”.

Quando ci saranno le Elezioni Regionali, l’Assessore, gli Uffici, porteranno i risultati delle cose fatte, dell’operato degli ATC.

I dirigenti dei cacciatori toscani allergici alla “Regione” perché speravano in un Assessore “targato”, coloro che della Regione sono stati politici o funzionari o dirigenti e oggi militano in un’Associazione “plurimarchi”, non si cruccino, potranno riproporsi mettendoci la faccia, questa volta candidando sé stessi.

Ora la sfida è contrastare l’animalismo deleterio e radicale.

Qualcuno ha preferito farlo da solista in casa propria. Pazienza: quello che non strozza, ingrassa.

Nell’interesse dei cacciatori si raccolgano dovunque e comunque le adesioni dei politici a favore della caccia. Viva la nostra caccia.

Paolo Malquori

Responsabile Commissione Ungulati Nazionale

 

Alleghiamo il comunicato dell’Appello Nazionale ad aderire al Manifesto per l’Ambiente e la Ruralità promosso dalla Cabina di Regia del Mondo Venatorio, a cui chiediamo a tutti gli esponenti politici di aderire.

https://www.arcicaccianazionale.it/un-manifesto-litalia-paesaggio-lambiente-la-ruralita/

 

https://www.arcicaccianazionale.it/elezioni-politiche-2018-consenso-trasversale-programma-del-mondo-venatorio/

 

Liguria: Il governo impugna nuovamente la legge sul controllo della fauna

Dopo la bocciatura dello scorso anno, arriva un nuovo stop alla normativa sul controllo della fauna della Regione Liguria. Il governo infatti ha deciso di impugnare il provvedimento. Come l'altra volta, oggetto del contendere sono la possibilità di utilizzare cacciatori formati per gli interventi e le modalità di commercializzazione dei capi abbattuti.

http://www.genova24.it/2018/02/caccia-governo-impugna-la-legge-regione-liguria-mai-schiaffo-agli-agricoltori-liguri-194185/

 

VENETO: LA REGIONE STANZIA 200 MILA EURO PER INDENNIZZO DANNI DA LUPI E FAUNA SELVATICA

La Regione Veneto finanzia anche per il 2018 gli aiuti alle imprese agricole per prevenire e indennizzare i danni provocati da specie protette e fauna selvatica. Con il fondo regionale previsto dalla legge quadro sulla caccia, la Regione mette a disposizione 200 mila euro per erogare contributi alle imprese agricole zootecniche che adottano sistemi di prevenzione, come i recinti elettrificati semipermanenti o mobili e i dissuasori faunistici. Nel 2016 e nel 2017 questi sistemi di protezione sono stati acquisitati direttamente dalla Regione, mediante le risorse messe a disposizione dal progetto europeo Life Wolfalps che ha ora terminato la sua operatività.

“La prevenzione dei danni da predazione rientra tra le finalità della legge 50/1993 che prevede di contribuire agli oneri che gravano sulle imprese agricole e zootecniche per difendersi dalla fauna selvatica e dalle specie protette”, spiega l’assessore all’agricoltura e alla caccia della Regione Veneto. “Quest’anno, in considerazione anche della diffusione del lupo nel territorio regionale, la Regione ha previsto di destinare il fondo a forme di aiuto indiretto agli allevatori e agli agricoltori che investono per la sicurezza delle proprie aziende e del proprio patrimonio zootecnico”.

A gestire i contributi sarà l’Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura. I contributi regionali, non più di 10 mila euro per progetto, saranno assegnati sulla base dell’istruttoria condotta da Avepa. Tra i criteri di priorità ci sono l’età degli imprenditori agricoli (7 punti aggiuntivi sono riconosciuti agli under 40), il non aver beneficiato in precedenza di dotazioni e attrezzature fornite dai progetti europei Life Wolfalps e Life Nature, e praticare l’attività zootecnica in forma vagantiva, come pastori e mandriani di malga. (www.ladeadellacaccia.it)

COLDIRETTI REGGIO EMILIA: OCCORRONO MISURE CONCRETE PER CONTENERE I CINGHIALI

“Per risolvere il problema della presenza dei cinghiali nelle zone collinari – dichiara Assuero Zampini, direttore Coldiretti di Reggio Emilia – è necessario intervenire sul numero dei capi presenti in montagna”.

È da tempo che la Coldiretti reggiana ha denunciato l’emergenza provocata dalla considerevole presenza dei cinghiali nei territori montani e collinari dove gli agricoltori, ormai esasperati, trovano il raccolto distrutto. Coldiretti ha da tempo segnalato all’Atc4, Ambito territoriale di caccia montagna, la grave situazione di danni estesi anche ai territori collinari sia per il settore agricole sia per la sicurezza dei cittadini chiedendo azioni di contenimento con azioni specifiche di selezione.

“Intanto cogliamo con favore lo stanziamento di fondi per la manutenzione degli impianti di prevenzione e recinti sulle semine – continua Zampini. Ad esempio la Germania per tutelare la salute degli allevamenti e impedire la diffusione di malattie dagli animali selvatici a quegli allevati ha intensificato la caccia al cinghiale innalzando a 80mila i capi da abbattere all’anno finanziando gli abbattimenti”. Il problema dei selvatici è stato sollevato e presentato dagli agricoltori anche all’incontro con il Ministro Delrio per rimarcare la necessità di interventi urgenti che ha raccolto e condiviso.

Se i prati coltivati continueranno ad essere gravemente danneggiati dai cinghiali e dagli altri ungulati il rischio è che le aziende agricole non riescano ad arrivare alla produzione del 50% di foraggio aziendale così come richiesto dal nuovo disciplinare del Parmigiano Reggiano, pensato appositamente per incrementare il legame tra prodotto e territorio. (Fonte COLDIRETTI)

 

ACMA. IL MINISTERO CONTINUA A PROIBIRE I RICHIAMI

Il Ministero della Salute il 19 febbraio scorso ha emanato una nuova disposizione in materia di influenza aviaria e di riflesso sui richiami vivi, che proroga il divieto del loro utilizzo nelle Regioni ad alto rischio (quelle indicate nella Disposizione del 30 ottobre 2017) fino al 30 aprile 2018. Attualmente la caccia è chiusa e questo divieto non è influente ma, ancora una volta, non condividiamo assolutamente l’atteggiamento del Ministero che non ha minimamente adeguato il suo orientamento in base agli effettivi rischi e focolai sin qui emersi mantenendo il veto anche in regioni che di aviaria non hanno sentito parlare da anni (come l’Umbria) o che hanno avuto un singolo caso in tutto il 2017 (come il Lazio ed in particolare nella sola Provincia di Roma), o anche in certe Province che, pur localizzate in Regioni definite ad alto rischio, non hanno mai avuto focolai della malattia. A maggior ragione leggendo le premesse della Disposizione: “considerata la favorevole evoluzione della situazione epidemiologica della malattia sul territorio nazionale, comprovata dall’assenza di nuovi focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità nell’anno 2018” (e, aggiungiamo noi, l’ultimo è dell’11 dicembre 2017)! Se la situazione è favorevole allora perché il divieto non è stato revocato? Lo sarà alla prossima scadenza? Si vuole attendere ancora qualche mese per vedere se il trend positivo sarà confermato? Certo che, se è bastato il caso del famoso fischione del dicembre 2016 per vietare immediatamente i richiami vivi in tutta Italia, constatare che non bastino oltre due mesi di calma piatta per revocarlo, è a dir poco fastidioso. L’Acma ha sollecitato la Federcaccia affinché sia richiesto ufficialmente un incontro al Ministero per confrontarsi ancora una volta su queste tematiche e, in particolare, sulla “responsabilità che si affibbia ai richiami vivi (secondo noi pari a zero) nel diffondere il virus, poiché ci sembrano francamente sovradimensionate nei luoghi e nei tempi, proponendo in pratica un protocollo di misure idonee a tutelare la salute pubblica senza vessare inutilmente una intera categoria di corretti appassionati e un intero Paese.

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